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Conferenza di Parigi: cosa ci aspetta?

Ultimo aggiornamento: 01-12-2015

Oggi più che mai politiche comuni e condivise sul Clima sono e devono essere la priorità per la salvaguardia del nostro pianeta. Sembra che si stia davvero muovendo qualcosa da parte della politica verso il tema dei cambiamenti climatici. C’è una maggiore attenzione, un maggior interesse da parte delle nazioni, forse perché alcune di esse, come abbiamo visto negli ultimi tempi in Cina, si trovano davvero in situazioni oltre il sopportabile, causate da una pessima gestione dell’inquinamento e dalla mancanza di norme di tutela dell’ambiente e delle persone dagli effetti deleteri di uno sviluppo fondato sul modello industriale.

Ma in testa a tutti ci sono gli Stati Uniti, che grazie all’impegno di Barack Obama sembra davvero abbiano iniziato a puntare diritti verso le buone pratiche anti-inquinamento.

salvare il clima

Siamo giunti ormai alla Conferenza Onu sul clima di Parigi e sia Cina che Stati Uniti hanno ribadito che porteranno avanti l’impegno che si sono presi l’anno passato sull’abbattimento delle emissioni di gas serra. In questa (fino a qualche anno fa) impensabile “staffetta salva pianeta”, Obama, anche a seguito delle posizioni assunte dalla Cina, zittisce il parere contrario dei Repubblicani che chiedevano di rivedere gli orientamenti USA sulla tutela del Clima. La Cina sta addirittura pensando ad una mossa ulteriore, ovvero sistema di “Cap&Trade” per arrivare in maniera più efficiente a raggiungere i propri obbiettivi di riduzione delle emissioni.

Sopra agli impegni politici di Cina e Stati Uniti, inoltre, arriva la benedizione di Papa Francesco, che nella sua enciclica ha parlato dei cambiamenti climatici e della necessaria urgenza delle politiche atte a contrastarli in un complesso discorso sul rapporto tra uomo e ambiente.

Ma come è cambiata l’impostazione per cercare una soluzione al problema? In pratica si è passati da un approccio top-down ad uno bottom-up. Nel primo caso si stabiliva l’obbiettivo, tipo limitare a 2° C il riscaldamento del Pianeta e si divideva per tutti i paesi del mondo l’impegno di riduzione. Come abbiamo visto, si è trattato di un vero fallimento. Il secondo approccio si propone di modificare il punto di vista chiedendo agli Stati nazionali la riduzione che riescono a garantire e facendo poi la somma: questo approccio, d’altro canto, rischia di non garantire il raggiungimento degli obbiettivi minimi necessari a livello globale.

Da tutto questo è stata tratta una carta di intenti Intended Nationally Determined Contributions che copre il 90% delle necessità. Insomma di invertire la tendenza entro il 2025-2030 per adesso non se ne parla. A Parigi si discute di tutto questo, ma dubitiamo fortemente che l’accordo semmai raggiunto, sia vincolante. Intanto il Pianeta aspetta: e il tempo è sempre meno.

“Tecnologie energetiche pulite, fotovoltaico, fonti rinnovabili: queste le leve per uno sviluppo sostenibile e consapevole. Il giornalismo ambientale e le nuove tecnologie sono ottimi strumenti di condivisione per tracciare nuove strade”

Alessandro Fuda

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