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UE: l’inquinamento industriale costa morti e miliardi

Ultimo aggiornamento: 04-12-2014

Non è la prima volta che ci soffermiamo sul tema dei costi dell’inquinamento, ma i dati appena pubblicati dall’ Agenzia europea dell’ambiente (Eea) all’interno del rapporto “Costs of air pollution from European industrial facilities – an updated assessment” spingono a fare ulteriori riflessioni.

Innanzitutto i danni ambientali, di cui spesso si parla solo in maniera vaga, hanno un prezzo ben definito, ovvero 59 miliardi di euro all’anno per l’Unione Europea: all’interno di esso è calcolato ad esempio il danno causato agli edifici, comprese le opere di architettura o le statue che devono essere ripulite a causa dell’inquinamento, i mancati rendimenti agricoli, ma anche e soprattutto le malattie, i ricoveri e le morti premature. Eppure questi costi sono destinati a crescere fino all’assurda cifra di oltre mille miliardi all’anno…in pratica è come se buttassimo via metà Pil italiano.

A questo punto, le nazioni che nascondono la loro inerzia dietro un dito, adducendo la scusa dei costi necessari per modificare ad esempio gli impianti che producono energia, non hanno più uno straccio di giustificazione. Il loro voler restare ancorate al passato, costa più del lanciarsi verso il futuro.

centrale elettrica inquinante

A produrre il 50% dell’inquinamento è appena l’1% dei siti industriali: sarà un caso, ma nella classifica dei 12 più inquinanti, troviamo un ex-equo tra i 3 siti della Polonia, i 3 della Romania e 3 della Germania (che però tenta di porre rimedio). Ovviamente questo spiega la totale opposizione delle nazioni dell’Europa Orientale al cambiamento.

Siete stupiti di non vedere l’Italia? Niente paura: se non siamo al top è solo perché tra la delocalizzazione e le fabbriche che chiudono senza più riaprire, non è che l’industrializzazione abbia avuto tutta questa crescita. Eppure ci difendiamo: c’è l’Ilva al 29 esimo posto e purtroppo la Puglia, tra tutte le regioni italiane, è forse quella in peggiori condizioni, perché ospita anche la centrale termoelettrica Federico II di Brindisi Sud, il secondo stabilimento più inquinante d’Italia.

La nostra nazione ha speso tra il 2008 e il 2012 tra i 25 e i 60 miliardi per colpa dell’inquinamento: e visto che la ricerca ha dimostrato che tra i primi 30 siti più inquinanti, 26 sono centrali elettriche, magari con quei soldi qualche miglioria si poteva realizzare. Ma quali soluzioni possiamo adottare noi privati? A livello industriale, ovviamente nulla: ma a livello dei singoli potete decidere di cambiare tipologia di riscaldamento in casa, di usare l’auto il meno possibile, di acquistare a chilometri zero e magari se avete un’attività agricola, di evitare di dare fuoco ad ettari di terreno per non fare la fatica di ripulirlo dopo la lavorazione…perché la civiltà è anche questo.

“Tecnologie energetiche pulite, fotovoltaico, fonti rinnovabili: queste le leve per uno sviluppo sostenibile e consapevole. Il giornalismo ambientale e le nuove tecnologie sono ottimi strumenti di condivisione per tracciare nuove strade”

Alessandro Fuda

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