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Fonti rinnovabili su nuovi edifici per il 2014: obiettivo 35%

Ultimo aggiornamento: 21-02-2014

AGGIORNAMENTO: 21 FEBBRAIO 2014
Ebbene si.., siamo in Italia e il balletto continua (vedi sotto).. La modifica della modifica: la disdetta della disdetta.
La Camera ha annullato, ha bocciato, l’emendamento al Milleproroghe che faceva slittare l’entrata in vigore della nuova percentuale minima di rinnovabili nel fabbisogno energetico complessivo degli edifici di nuova costruzione (o: “oggetto di ristrutturazione rilevante”).
Marcia indietro, dunque, ma in questo caso si tratta di una buona notizia: gli obiettivi relativi al 35% di fonti rinnovabili per i nuovi edifici sarebbero ri-confermati come prevedeva la prima versione del decreto, nello specifico si parla del cd. “Decreto Rinnovabili” n.28 del 3.3.2011 che prevedeva una tabella temporale “progressiva” per rendere obbligatorie le fonti rinnovabili sugli edifici.

L’obbligo delle fonti rinnovabili sui nuovi edifici seguirà, dunque, l’agenda temporale prefissata: obiettivo 35% del fabbisogno dell’edificio per il 2014, per arrivare al 50% del fabbisogno al 2017.
La proposta di emendamento che era stata fatta dal Senato sarebbe dunque annullata dalla Camera, che ha riconfermato gli obiettivi precedentemente fissati.
Si tratta di una decisione importante per sostenere un settore fondamentale per la nostra economia, fotovoltaico, dunque, ma non solo, che fino ad oggi è stato determinante per la nostra economia.

 

ARTICOLO ORIGINARIO:

Continua il “balletto” dell’Italia sul tema dell’obbligatorietà delle fonti rinnovabili su nuovi edifici: è notizia di qualche giorno fa l’allontanamento dell’aumento degli obblighi di copertura che riguarda i consumi energetici degli edifici nuovi o in ristrutturazione. Non sembra esserci assolutamente un quadro d’insieme nel nostro Paese, né un progetto unitario, che possa far capire qual è la strada che s’intende percorrere: e questo va ovviamente a danno di tutti.

Cerchiamo di fare un quadro più chiaro della situazione: l’Unione Europea impone un impegno concreto ai paesi membri per limitare le emissioni che inquinano e aumentare la produzione di energia da fonti rinnovabili su nuovi edifici e ristrutturazioni. Ligio alla richiesta fatta, il Parlamento vara un decreto nel 2011 e dichiara che entro il 2020, attraverso una serie di step progressivi, l’Italia arriverà a rispettare le direttive UE. Ogni anno si fa un passo avanti aggiornando nuovi obiettivi di risparmio energetico ed efficienza. Questo percorso prevederebbe, per il 2014, i seguenti obiettivi: che il 50% dell’acqua calda sanitaria utilizzata negli edifici venga prodotta con fonti rinnovabili su nuovi edifici e che il 35% di tutto il fabbisogno energetico di ogni nuova costruzione debba essere ugualmente prodotto da fonti rinnovabili su nuovi edifici privati. Sarebbero poi imposte percentuali del 17 e 19% per i centri storici (con soglie del 38,5% per gli edifici pubblici).

Ma ecco che improvvisamente, è notizia di questi giorni, il Senato vota a maggioranza uno slittamento del precedente progetto: per tutte le nuove costruzioni e quelle da ristrutturare la soglia resta al 20% (lo stesso obiettivo già previsto per il 2013), giusto per non incorrere nella procedura d’infrazione da parte dell’UE. Il percorso progressivo di riduzione delle emissioni subisce dunque una battuta d’arresto, rinviando al 2015 gli obiettivi che sarebbero previsti per quest’anno dal decreto del 2011. Le fonti rinnovabili su nuovi edifici per il 2014, dunque, anche se ancora obbligatorie, rimangono ferme al 35% del fabbisogno, anzichè aumentare come previsto dal decreto.

 

Fonti rinnovabili su nuovi edifici e la politica miope dell’Italia

fonti rinnovabili su nuovi edifici 2014Resta sconcertante come il parlamento, invece di procedere sulla strada della UE con politiche lungimiranti e di “ampio respiro”, cerchi solo di evitare di incorrere in sanzioni da parte dell’Unione Europea. Si potrebbe paragonare l’Italia ad uno studente poco diligente che indifferente al suo futuro, studia il minimo indispensabile, giusto per non essere bocciato.

Permettere l’aumento degli obblighi di copertura dei consumi degli edifici attraverso l’obbligo di più fonti rinnovabili su nuovi edifici, avrebbe significato dare ampio respiro ad un settore importante, quello della green economy, che già si posiziona con tendenze decisamente anti-cicliche rispetto alla crisi in corso. Questo poteva essere fatto senza la necessità di investimenti statali in grandi opere (che spesso nemmeno vengono inaugurate) e ovviando alla diminuzione degli oneri a carico di tutti i cittadini che pagano la bolletta energetica. I guadagni sarebbero stati legati appunto al settore delle rinnovabili e all’indotto ad esso legato, ma non solo: le famiglie che si fossero ritrovate ad abitare con fonti rinnovabili su nuovi edifici avrebbero risparmiato in bolletta centinaia di euro all’anno e l’ambiente avrebbe ringraziato per una diminuzione delle emissioni inquinanti.

A quanto pare, invece, si preferisce raggiungere degli obiettivi minimi: giusto quelli sufficienti per evitare al paese di incorrere in sanzioni da parte dell’unione europea.

Nonostante la costernazione di tanti, c’è da registrare una voce fuori dal coro: si tratta di Assotermica, che rappresenta sessanta industrie produttrici di apparecchi ed impianti termici e componenti destinati al mercato della climatizzazione e che si dichiara favorevole allo slittamento. Tra i tanti motivi indicati, c’è anche la speranza che con un po’ più di tempo il nostro Parlamento possa migliorare il percorso intrapreso.

Purtroppo, per la maggior parte degli interessati, si tratta di una decisione assolutamente miope che contribuisce a rendere sfocato il futuro energetico del Paese. Una decisione che rischia di compromettere le decisioni di investimento a lungo termine, vista la continua correzione e rivisitazione delle norme.

“Tecnologie energetiche pulite, fotovoltaico, fonti rinnovabili: queste le leve per uno sviluppo sostenibile e consapevole. Il giornalismo ambientale e le nuove tecnologie sono ottimi strumenti di condivisione per tracciare nuove strade”

Alessandro Fuda

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