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Centrale elettrica di Porto Tolle: Enel rinuncia al carbone

Ultimo aggiornamento: 14-10-2014

Perchè riconvertire una centrale elettrica ad Olio combustibile in centrale elettrica a Carbone nell’era delle rinnovabili? Questa era l’idea di Enel, ma per fortuna il progetto è stato ritirato.

Il progetto di riconversione da olio combustibile a carbone della centrale elettrica Enel di Porto Tolle, in provincia di Rovigo, è stato ritirato. L’annuncio è stato accolto con grande favore dagli ambientalisti e da Greenpeace in prima fila, che da anni si stava battendo contro la modifica della centrale esistente.

Lo stop al progetto è arrivato dopo il blocco imposto a gennaio dalla commissione sulla valutazione dell’impatto ambientale del Ministero dell’Ambiente, che aveva dichiarato non sostenibile l’impatto che la riconversione avrebbe comportato.

Il ripensamento di Enel è stato accolto positivamente da Greenpeace, che già nel 2006 aveva occupato pacificamente la centrale per denunciarne l’insostenibilità. Una battaglia portata avanti con tutti i mezzi, non ultimi quelli giudiziari e che è costata anche una lunga battaglia nelle aule dei tribunali a venticinque attivisti, poi assolti in sede penale.

Come ricorda a il Fatto Quotidiano Andrea Boraschi, responsabile Campagna Energia e Clima di Greenpeace, anche sul piano politico la battaglia è stata molto dura in quanto il presidente del Veneto Zaia era più che favorevole alla conversione, così come il governo centrale, allora presieduto da Silvio Berlusconi, che aveva varato una norma favorevole alla riconversione.

porto tolle greenpeace

Lo stop al progetto di riconversione a carbone per la centrale ha coinciso con la condanna di Franco Tatò e Paolo Scaroni (entrambi ex amministratori delegati di Enel) avvenuta a fine settembre “per aver messo in atto condotte che mettono in pericolo la comunità“, come si legge nelle sentenza. Secondo il tribunale che li ha condannati infatti essi avrebbero continuato a far funzionare la centrale di Porto Tolle nonostante i costi ed i rischi per la salute dei cittadini che essa comportava, a causa dell’inquinamento generato dalle emissioni della centrale stessa.

Secondo le stime effettuate dall’ISPRA (Istituto Superiore per la Ricerca Ambientale), il risarcimento dei danni causati dalla centrale ammonterebbe a 3,6 miliardi di euro, un danno enorme per l’ambiente e la salute dei cittadini che vivono nelle aree circostanti. Se i dati fanno riferimento alla precedente alimentazione con olio combustibile, essi non sarebbero comunque stati irrilevanti nemmeno se la centrale fosse stata convertita all’uso del carbone, come progettato inizialmente.

Infatti l’uso della fonte non rinnovabile più dannosa per ambiente e clima (sono parole di Greenpeace), avrebbe finito per immettere nell’atmosfera un quantitativo di anidride carbonica pari a quattro volte quello generato da tutta la città di Milano in un anno.

Secondo le stime fatte da Greenpeace, l’attuazione del piano di Enel avrebbe portato ad almeno ottantacinque morti premature all’anno, stima che fa comprendere come una politica energetica basata sulle fonti fossili non sia dannosa solo per l’ambiente, ma anche per coloro che nell’ambiente vivono.

“Tecnologie energetiche pulite, fotovoltaico, fonti rinnovabili: queste le leve per uno sviluppo sostenibile e consapevole. Il giornalismo ambientale e le nuove tecnologie sono ottimi strumenti di condivisione per tracciare nuove strade”

Alessandro Fuda

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